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Rimasto solo con le sue capre, Raffaè indugiò a guardare ancora verso la duna rocciosa, oltre la quale erano appena scomparsi Giacomo e gli altri operai. Giacomo era il fratello maggiore di Raffaè. Con gli altri uomini del paese era stato assunto da una importante azienda, giunta nella zona da qualche giorno. L'azienda si proponeva un vasto programma di lavori e, dovunque, si faceva un gran parlare dell'avvenimento. Si diceva che in alcuni anni gran parte del territorio sarebbe stato trasformato, che tratti aridi e deserti sarebbero diventati fertili campagne, che sarebbero state costruite strade, canali, case coloniche, scuole, molini, silos, empòri di vendita... Le capre, nel frattempo, erano risalite lungo il pendìo. L'erba era così povera che esse dovevano avanzare di continuo per trovare nutrimento. Raffaè le raggiunse e le guidò, fischiettando, verso il nuraghe, che si elevava sulla sommità del pendìo. Era un nuraghe ancora ben saldo nelle sue forme, e solo in un punto, alcuni degli enormi massi erano franati, spargendosi, chissà quanto tempo prima, sul declivio erboso. A Raffaè piaceva salire su quei massi. Seduto lassù si cavava di tasca su sulittu, il suo zufolo di canna e suonava qualche motivo imparato dai vecchi pastori del villaggio. Erano motivi ora teneri e soavi, ora accorati e melanconici; motivi antichissimi, che sgorgavano dal suo animo come se egli li avesse conosciuti da sempre. Da qualche giorno però, Raffaè, non aveva più voglia di suonare. Pareva che il cupo ronzare delle macchine, dominante senza tregua l'intero territorio, avesse spento in lui ogni sentimento. Saliva sopra uno dei massi del nuraghe e se ne stava lì, meditabondo, a guardare verso la duna, oltre la quale fervevano i lavori. Voleva bene a quello strano monumento. Non sapeva precisamente cosa significasse, benchè una volta, a scuola, la maestra l'avesse spiegato. Eppure, era con trepida commozione che, ogni volta, guardandolo, egli andava a sedersi alla sua ombra. Là sotto, egli si sentiva quasi protetto. Sdraiatosi sul masso, il piccolo pastore chiuse gli occhi. Era piacevole starsene in quella posizione ed abbandonarsi a tutti i pensieri che venivano in mente. Ad un tratto una lieve brezza alitò sul suo viso un fresco odore di salsedine.
- Il mare! - pensò Raffaè. - Il mare... immenso e terribile!
Per qualche momento si sentì turbato. - Strano! - si disse poi - Perchè mai l'ho chiamato 'terribile'? Non è giusto: il mare è buono invece, ed è generoso...

- Io lo so perchè l'hai chiamato terribile - risuonò d'improvviso una voce vicino a lui... Raffaè si volse e vide un ragazzetto più o meno della sua età, Ma vestiva in modo curioso... e in modo curioso aveva parlato: una lingua che egli non aveva mai sentito prima e che pure, strano a dirsi, egli aveva compreso benissimo. - L'hai chiamato 'terribile' continuò il ragazzetto sconosciuto - perchè una volta il mare assalì furiosamente la nostra terra e la inabissò quasi tutta. Una volta era molto più grande la nostra terra. Questa parte che è rimasta non è nulla in confronto a quell'altra che il mare ha spazzato via...
Ma Raffaè non lo ascoltava più. Guardandosi intorno, si era accorto con enorme stupore, che tutti i massi sul prato erano scomparsi. Inoltre, ecco che il nuraghe, lì dietro, si ergeva intatto, più alto e superbo che mai, ben squadrato e pulito in ogni sua parte... Ed ecco lassù, sulla sua cima, un uomo vestito di pelli e armato di un lungo arco... Ecco poi, sparsi sul fianco del declivio, altri nuraghi più piccoli, uniti l'uno all'altro da muraglie e da una specie di corridoi... ed intorno ad essi una quantità di uomini, di donne e di bambini, che egli non eveva visto prima. Tutti si davano un gran da fare e, dovunque, c'era un movimento straordinario: dovunque risuonavano voci, rumori, richiami... Sbalordito, Raffaè non credeva ai propri occhi. Che cos'era successo? Perchè tutto quel cambiamento? - Sei capitato in un brutto momento, mi dispiace - parve rispondere il piccolo sconosciuto a quelle mute domande. - Sai, il nostro popolo si sta preparando alla guerra. - La guerra? - gli fece eco Raffaè. - E quale guerra? - "La guerra contro gli uomini dalla pelle scura - spiegò il fanciullo - Sono venuti da lontano, correndo sopra il mare, e sono entrati di sorpresa nella nostra terra. Ma noi li scacceremo. Kursu, lassù, fa buona guardia. Ha occhi di falco. Se li vedrà arrivare suonerà il corno, e subito risuoneranno altri corni nei villaggi della valle. E l'allarme radunerà mille uomini con archi e con lance: uomini con elmi e con corazze di bronzo, che affronteranno il nemico... I più vecchi, noi bambini e le donne, appresteremo la difesa nella fortezza. E la fortezza non cederà".
Benchè disorientato da tante novità, Raffaè si sentì stranamente felice. Che curiose sensazioni si alternavano nel suo animo! Gli pareva di aver ritrovato persone e cose dimenticate da anni, da innumerevoli anni. E gli pareva anche di sentirsi libero, leggero e felice come non lo era stato mai... - "Sicuro che non cederà - esclamò eccitato - La difenderemo io e te... A proposito, come ti chiami? "kalu - disse il ragazzetto - E tu?".
Raffaè disse il suo nome e con sorpresa, notò che Kalu, invece di stringergli la mano, gli passò tutt'e due le sue mani sopra le spalle. Ma anche quel gesto non gli parve nuovo...
In quel momento ronzarono nell'aria alcuni rintocchi, gravi, lenti, simili al suono di un gong. - "Che cos'è?" - chiese Raffaè volgendo il capo dalla parte da cui provenivano i rintocchi. Kalu assunse un'aria di mistero e per un pò non rispose. Poi si alzò deciso. -
Vieni - gli disse - ti farò vedere. Sono i sacerdoti di Khar, nella Grotta della Fonte Sacra. Seguimi...
Superato il muro di cinta che chiudeva il villaggio nuragico, i due ragazzi scesero verso la valletta sottostante, incassata fra due lunghi promontori rocciosi. - "Khar - spiegava intanto Kalu - è il dio delle acque. I suoi sacerdoti sono bravissimi indovini...". - "Indovini? - chiese Raffaè. - Che cosa significa?" - "Significa che sanno guardare lontano, nel futuro, cioè nel tempo che deve ancora venire. Essi vedono le cose che succederanno, le vedono nella sacra fonte.". Raffaè, un pò turbato, non chiese altre spiegazioni. Udiva alle sue spalle il confuso brusìo del villaggio, sovrastato ogni tanto da un rumore o da una voce, che echeggiavano nel cielo vuoto. Poi udì un suono familiare, e alzando il capo vide, su uno dei promontori, un vecchio pastore che suonava le launeddas. Intorno a lui pascolavano alcune capre. - E' nonno Aku - spiegò Kalu, notando lo stupore di Raffaè.
- Aku non vive nel nostro villaggio. Ha una sua grotticella scavata dall'altra parte di questo promontorio, e ci vive solo. Dice che non ha paura degli uomini dalla pelle scura. Già ne ha visti molti, nella sua lunga vita, e tutti lo hanno lasciato in pace... - Senza smettere di suonare, Aku fece un cenno di saluto al quale i due ragazzi risposero. - "Conosco la musica che suona" - disse raffaè commosso.
All'interno della grotta sacra c'era un uomo, che cercò di impedire il passaggio ai ragazzi. Che strana armatura aveva! In testa una berritta simile a quella di tiu Perdu e del babbo; sul petto due piccoli scudi di bronzo; un altro, più grande e rotondo, al braccio sinistro; una spada affilattissima pendeva dal fianco sinistro, e schinieri, sempre di bronzo, difendevano le sue gambe. Raffaè ebbe paura, ma il piccolo amico lo tranquillizzò. Cominciarono a scendere gli sconnessi gradini, che portavano al tempio. Che umido e che freddo sentiva il piccolo pastore abituato all'aria tiepida della superficie! A poco a poco, come se un fiotto di pallida luce venisse loro incontro, le pareti si illuminarono. Incominciarono a scendere un'altra scala più lunga della prima mentre una musica anch'essa... familiare arrivava alle orecchie di Raffaè. Ad una svolta della scala apparve, in basso, una scena veramente fantastica: Raffaè si trovava di fronte ad un'ampia grotta dove, alla luce di mille fiammelle, alcuni uomini vestiti di pelli suonavano le... launeddas...
La pallida luce verdognola, che si diffondeva da ognuna delle fiammelle rischiarava, al centro della grotta, un laghetto, o un pozzo, dalle acque limpidissime. Intorno a questo laghetto, disposti in pose solenni, sedevano altri uomini, pure vestiti di pelli. Improvvisamente la musica tacque. Subito dopo uno di quegli uomini, dalla candida pelle d'agnello, incominciò a parlare. Doveva essere il capo, certamente! La sua ombra, moltiplicata dai lumi, si proiettava grottesca sul soffitto, sulle pareti della grotta, nelle acque trasparenti del laghetto. - "Siedi - bisbigliò Kalu - Ascolteremo da qui". Ma il capo smise di parlare d'un tratto. Si fece avanti, reggendo con le mani un piatto rotondo di terracotta nerastra, su cui era deposto un pane. Si avvicinò al pozzo e, con gesto solenne, gettò nelle limpide acque l'offerta sacra... Raffaè udì il tonfo e vide benissimo il piatto posarsi sul fondo. Benchè non vi fosse nulla di speciale in tutto ciò, Raffaè vide che i sacerdoti osservavano col massimo interesse il gioco delle piccole onde circolari prodotte dal tonfo. Stava per volgersi a chiedere spiegazioni a Kalu, ma questi lo prevenne: - Guardano nel futuro - disse - Il movimento dell'acqua è per loro come un linguaggio che parla dei tempi che verranno... Il più interessato ed attento, ai vari segni delle onde, era il capo dei sacerdoti. Mentre gli altri scrutavano la superficie dell'acqua, ecco, infatti, che egli cominciò a dare segni di grande eccitazione, ad agitare le braccia ed a scuotere la testa come se, anzichè un tranquillo laghetto, gli fosse apparsa davanti una straordinaria visione. In breve il suo agitarsi fu tale che gli altri sacerdoti si volserto tutti verso di lui, in attesa che parlasse. Calmatosi del tutto, con gli occhi fissi sulle acque e con una voce che pareva lontana lontana... egli parlò finalmente: "Vedo... vedo degli stranissimi mostri tutti di ferro. Essi corrono sulla nostra terra e riempiono del loro strepito il cielo... Ma sono mostri buoni, mostri docili, obbedienti agli uomini che li guidano. Uomini e mostri, assieme, procedono sui campi di pietre, ed ecco che al loro passaggio la terra si apre e dà frutti meravigliosi... Vedo poi spuntare case, vedo strade, fontane e ponti là dov'era il deserto... E' una visione meravigliosa, cari amici, una visione di pace e di libertà... Ma è distante... oh, quanto è distante! La più distante di quante abbiamo visto sinora... Ma ecco che già mi sfugge, scivola via, si confonde con le acque e scompare...". A questo punto il capo dei sacerdoti s'interruppe e, per qualche momento, regnò, altissimo, il silenzio nella grotta. Poi egli si passò le mani sugli occhi e, rivolto agli altri sacerdoti, riprese: "Mille e mille gelidi inverni dovranno trascorrere prima che questi mostri di ferro compaiano sulla nostra isola! Ma allora, avrà inizio il periodo migliore per i nostri figli. Cessate le infinite sciagure, che abbiamo previste; cessate le invasioni, che si abbatteranno sulla nostra terra, verrà per la nostra isola un'epoca di pace, una (breve ndr) epoca di libertà, in cui la terra darà i suoi più ricchi frutti, resa generosa da quei mostri di ferro e dagli uomini che li guideranno... " - Di nuovo interrottosi, questa volta il capo dei sacerdoti volse lo sguardo nella direzione del luogo in cui sedevano i due ragazzi, nel buio della scala. Poi, lentamente, levato il dito ad indicare da quella parte, proseguì: "Laggiù... sento che laggiù c'è qualcosa che già vive in quell'epoca felice... Anzi, non è qualcosa... è qualcuno; qualcuno si; un... un ragazzo. Sicuro, c'è un ragazzo là nel buio della scala, un ragazzo che ha già visto quei mostri di ferro! Ehi, ragazzo, vieni giù... vieni qui da noi..."
Successe allora, d'un tratto, una scena quasi buffa. Kalu, sentendo il capo dei sacerdoti parlare a quel modo, si volse a Raffaè che, spaventato, si rannicchiava nel suo angolo e, afferrattolo per un braccio, cercò di spingerlo verso la luce del centro. Ma Raffaè, svincolatosi, con un balzo fu in piedi, salì rapidamente le scale e, raggiunto il corridoio, lo attraversò di corsa, finchè si trovò fuori... E via, di gran carriera, giù per la duna...

Ma che cos'era, d'improvviso, quel rumore sopra di lui? Era un rumore assordante, che pareva inseguirlo... Raffaè si volse per guardare, ma inciampò in qualcosa, cadde e... nello stesso istante si svegliò. Proprio... si svegliò... perchè tutto ciò che era successo, altro non era stato che un sogno. E quel rumore? No, quello non era stato solo nel sogno; quello c'era veramente... e lo si sentiva ancora echeggiare in alto... era il solito aereo delle quattro...