Allora eccoci qui. Prima di entrare nel merito del finale credo sia necessario avvertire i lettori. Da qui in avanti ci saranno necessariamente degli
SPOILER quindi invito a proseguire solo chi ha già completato la lettura della terza parte.
Ora, prima di tutto è necessario ribadire che A casa prima del buio nasce come “mockumentary”, è quindi in buona parte un falso documentario su un personaggio (Von Hofmann) del tutto immaginario. Ciò significa che questo fumetto sfrutta in buona parte il linguaggio del “graphic journalism”, un genere dove un fatto storico viene ricostruito attingendo a varie fonti reali.
Chi ha letto i libri sa bene che oltre al fumetto ci sono molti paratesti che dilatano la narrazione e chiariscono fatti che nel fumetto sono spesso accennati o volutamente sottaciuti.
L’opera è stata dunque composta partendo da testimonianze fittizie di chi ha vissuto in prima persona gli eventi presentati nella narrazione ma come accade nella realtà un fatto può essere interpretato in modi completamente diversi in base ai vari punti di vista raccolti.
Leggere solo il fumetto di A casa prima del buio senza tenere conto degli extra che completano i vari libri restituisce solo una parte della storia. Intendiamoci, si capisce tutto lo stesso ma chi ha avuto la possibilità di accedere agli altri testi ha una visione d’insieme di gran lunga più completa e ovviamente può ricavare maggiori informazioni su tutti i temi che via via abbiamo trattato.
Parlando nello specifico del finale del fumetto, l’ultimissima scena ci mostra Esther con Detlev.
C’è anche una bambina ma non è la figlia di Detlev. Quindi chi potrebbe essere?
Il mistero è parzialmente svelato in questi testi che saranno presenti nel terzo volume:
Estratto da Per la mia educazione di Ester Weil:
«Dopo il nostro primo incontro rividi Kristof solo una volta, quando nella primavera del 1952 tornò portando con sé Detlev. Fu in quella circostanza che gli promisi che mi sarei occupata di suo figlio fino al suo ritorno dopo la conclusione del processo. Erano passati dieci anni dall’ultima volta che avevo visto Detlev e le cose sembravano essere notevolmente peggiorate.
Nella maggior parte del tempo continuava a essere apatico, sempre perso nel suo mondo, ma nei pochi momenti della giornata in cui sembrava tornare a essere più lucido, l’unica cosa che sembrava rasserenarlo era stare in compagnia di mia figlia Routh. Per lei fu un compagno di giochi perfetto e anch’io sapevo che potevo avere fiducia in lui.
Kristof provvedeva al sostentamento dell’intera famiglia. Ricevevo regolarmente un assegno ogni mese con cui riuscivamo ad andare avanti senza aver bisogno di chiedere nulla, così lasciai un impiego da operaia e mi concentrai solo sui bisogni di Routh e Detlev.
In quei giorni non immaginavo che quello stato di cose sarebbe durato per molti anni ma per noi tre, anche dopo la morte improvvisa di Kristof, le cose non cambiarono.
Il maestro non aveva una famiglia e perciò, dopo la sua morte, di punto in bianco mi ritrovai ad amministrare i beni di Detlev seguendo le precise indicazioni che lasciò Kristof nel suo testamento.
Ovviamente non sapevo cosa avesse in mente quando accettò di essere processato. Era tormentato da profondi sensi di colpa ma neppure per un istante ho mai pensato che avrebbe potuto porre fine alla sua vita in quel modo.
Certo, avevo paura, ma se testimoniare in suo favore al processo poteva servire a farlo tornare libero io sarei stata pronta. Kristof non mi fece alcuna pressione, anzi, anche per lui il mondo doveva dimenticarsi per sempre di Ester Weil e dei suoi presunti crimini negli anni trascorsi a Ravensbrück.»
Estratto da un’intervista a Routh Weil tratta dal reportage di Friedel Sommer L’enigma Von Hofmann. Giustizia, non vendetta? pubblicato su «Stern» nel dicembre del 2004.
Che ricordo conserva di Kristof von Hofmann?
Lo vidi solo una volta. Ero troppo piccola e ne serbo un ricordo davvero molto sfumato. Praticamente la maggior parte delle cose che so sul suo conto l’ho appresa dai libri che ho letto negli ultimi anni.
Perché sua madre si rifiutò di testimoniare al processo?
L’ha scritto nella sua biografia, che lei avrà sicuramente già letto. Aveva paura di finire coinvolta in qualche vendetta per quello che era successo a Ravensbrück. Negli anni del dopoguerra c’era ancora molto livore per tutti quelli che avevano per varie ragioni collaborato alla gestione dei campi. E lei purtroppo si trovava in una posizione certamente non facile. In ogni caso fu lo stesso Kristof a impedirle di farsi avanti. Ha voluto sempre tenerla lontana da qualsiasi rischio.
Nella biografia sua madre non racconta molto delle circostanze che portarono alla sua nascita. Può fornirci lei qualche maggiore dettaglio?
Un giorno mia madre mi disse che sono stata il suo regalo di Natale del 1944, l’ultimo che trascorse all’interno del campo prima della sua fuga. Mio padre era un soldato tedesco ma non so di che grado.
Altra cosa che so è che mia madre non subì alcuna violenza ma per il resto non saprei che altro aggiungere. Non le ho mai chiesto nulla di più perché volevo evitare di ferirla.
C’è chi sostiene che lei sia in realtà la figlia di Viktor Jankson, l’uomo che durante la guerra è stato l’amico più stretto di Von Hofmann...
Già, questa l’ho sentita anch’io. So che Jankson ha aiutato mia madre ma non saprei proprio dirle fino a che punto e in che modo mia madre gli possa aver espresso la sua gratitudine.
Perdoni l’ironia ma non voglio perdere tempo a commentare le fantasiose invenzioni dei giornali scandalistici.
Da quello che mi risulta, Viktor aveva già lasciato il campo all’epoca ma potrei anche sbagliare io su questo punto.
Francamente non mi fa piacere pensare di aver avuto un padre con un passato da criminale nazista ma mi creda se le dico che mia madre sull’argomento è stata sempre molto vaga.
Qual era il suo rapporto con Detlev Von Hofmann?
L’ho sempre considerato un fratello maggiore. Gli ho voluto molto bene e quando è morto ho sofferto molto. Io e mia madre siamo state sempre state accanto a lui, fino alla fine.
Che idea si è fatta di quello che è successo nel 1942 tra il maestro e sua madre?
Vuole sapere che idea mi sono fatta o quello che ho saputo dalla bocca di mia madre?
La sua sincera opinione sui fatti.
Se Von Hofmann non avesse agito come ha fatto, oggi non sarei qui con lei.
Per quanto sia una risposta ovvia io credo che ogni valutazione su quello che è accaduto a quel tempo debba sempre partire da questo fatto.
Non era un assassino e sono convinta che non abbia mai fatto del male a nessuno. Per il resto, anche lui ha cercato di tirarsi fuori dai guai come meglio ha potuto.
Mia madre lo ha perdonato, che altro c’è da giudicare? È perché dovrei farlo io?
Che ne pensa della dichiarazione di Karl Szell in cui si sostiene che è stato proprio Von Hofmann a chiedere al suo amico Viktor di liberarlo della presenza di sua madre?
Non ci ho mai creduto. Può avere avuto tante buone ragioni per dire una cosa del genere. Forse aveva solo bisogni di soldi e dire quelle cose gli avrebbe permesso di mettersene in tasca un bel po’.
Se avesse detto la pura e semplice verità nessuno avrebbe avuto la necessità di chiedergli un’opinione su fatti ormai chiariti da tanti anni.
Che doveri sente di avere nei confronti di Von Hofmann? Del resto le ha lasciato tutta la sua fortuna...
Gli devo la vita, per questo ho accettato di fare quest’intervista.
Adesso che anche mia madre è morta spero che la gente cesserà di aspettarsi nuove sensazionali rivelazioni su questa vicenda. È ora di voltare davvero pagina sullo spartito”.
A questo punto ci potremmo chiedere se la figlia di Esther dice la verità. Potrebbe essere in buona fede e forse la madre le ha mentito ma su questo punto non giungeremo mai ad una verità assoluta.
Sono i lettori che devono compiere l’ultimo miglio della storia fornendo la propria interpretazione. Esattamente come accade nel finale di Watchmen. Seymour prenderà il diario? Ci sarà una nuova guerra? Come saranno accolte le rivelazioni di Rorschach?
Quanto al sotto finale, va inteso esclusivamente come una scena extra dopo i titoli di coda del film. Una sorta di inside joke che rafforza la natura dell’opera e crea un ponte tra realtà e fiction.
C’è un personaggio che sta terminando la lettura di A casa prima del buio, perché come sappiamo anche il fumetto è entrato a far parte del corpus letterario sulla vita di Von Hofmann. Se Von Hofmann è realmente esistito e così anche gli altri personaggi che hanno avuto un ruolo nella sua storia, non dovrebbe sembrare strano che il fumetto sia stato letto da uno dei protagonisti.
Circa l’identità della donna ogni supposizione è legittima.
Può essere Esther, sua figlia oppure Flora. O forse semplicemente un personaggio femminile esterno alla storia che ha ammirato (e forse amato) Von Hofmann per il suo immenso talento.
Nella mia testa io ho ben chiaro chi sia questo personaggio ma credo sia necessario non dare conferme a riguardo.
Vi svelo però un piccolo segreto. Questa sequenza vuole anche essere un omaggio all’incipit del film
Il silenzio del mare (Le Silence de la mer), opera che il grandissimo Jean-Pierre Melville ha tratto dall’omonimo romanzo di Vercos.
Il film, ambientato durante gli anni della Seconda guerra mondiale, si avvia con una valigia passata di mano tra due uomini appartenenti alla resistenza.
Cosa mai ci sarà di così compromettente al suo interno? Armi, documenti falsi, materiale propagandistico? Niente di tutto questo, solo il libro originale di Vercos, un’opera che durante gli anni della guerra venne stampata in clandestinità ed era considerata da tutti un simbolo per chi si opponeva alla tirannia nazista.
Dunque il film parte proprio dalla lettura delle pagine del romanzo.
In A casa prima del buio abbiamo in pratica capovolto la trovata chiudendo in questo modo la narrazione.
Per marcare ulteriormente l’idea e lasciare un indizio al lettore, se guardate con attenzione la prima vignetta della penultima tavola, sul muro c’è proprio la locandina del film di Melville.
Credo che le grandi storie debbano avere molti livelli di lettura che possono emergere via via nel tempo. Se avrete la pazienza di rileggere più volte il fumetto sono sicuro che scoprirete molti particolari cui probabilmente che sulle prime non avevano attirato la vostra attenzione. Molte cose si possono capire solo a posteriori.
Ci sono diversi temi ricorrenti spesso espressi in piccoli dettagli. Piccole citazioni e rimandi continui verso altre opere fumettistiche, letterarie e cinematografiche. Le convergenze e le affinità tra ciò che accade nel fumetto e quello che viene mostrato in Destino di Fritz Lang.
Non so ad esempio quanti si saranno accorti che il finale si collega con la prima sequenza del primo volume. A pagina due, nella vignetta finale, appare un cane lupo che minaccia una bambina che si stringe ad un uomo maturo (e qui i collegamenti sono tanti). Stessi personaggi che troviamo nell’ultima vignetta di pagina 114 del secondo volume quando Von Hofmann transita in prossimità della tomba del “mediocre” Salieri dopo aver cercato conforto davanti alla tomba di Mozart (e sapete che la tematica che contrappone genio e mediocrità torna in vari punti di ACPDB).
La storia di Von Hofmman è pura fiction ma tutto ciò che è stato narrato ha una solidissima base storica che ha richiesto circa 10 anni di ricerca. Ogni frase, ogni dettaglio è documentabile e per farvi capire quanto sforzo c’è dietro vi allego la foto dei saggi e romanzi che sono stati consultati per scrivere questa storia.
Emiliano di certo non ha faticato di meno per restituire le mortifere atmosfere che aleggiavano nell’aria dei territori del Reich.
Il nostro scopo era quello di far capire al lettore cosa significava vivere in un mondo in cui le persone potevano continuamente invertire i ruoli di eroi, carnefici e spettatori a seconda delle varie opportunità che nel corso degli anni si vennero a creare.
Per chiarire questo concetto vi ripropongo su ciò che è stato scritto nell’introduzione del secondo volume:
Quel che resta è l’impossibilità di giudicare uomini che hanno avuto la sfortuna di vivere in un tempo straordinariamente complesso. E a tal proposito credo siano particolarmente chiarificatrici e dirimenti le parole scritte da Edith Sheffer nella sua opera
I bambini di Asperger: «Forse più di ogni altra epoca storica, il periodo nazista invita a esprimere un giudizio sulle azioni dei singoli individui. Si è portati a classificarle secondo criteri di moralità o immoralità, innocenza o colpevolezza, come se fosse possibile ascrivere ogni singolo episodio a un campo o all’altro e, come in un bilancio, fare il conto alla fine.
Ma la vita sotto il nazismo non era fatta di principi astratti. La maggior parte delle persone non abitava un mondo in bianco e nero, ma dalle diverse sfumature di grigio e doveva prendere ogni giorno innumerevoli decisioni: si poteva ignorare un cartello "Gli ebrei non possono entrare" appeso a una vetrina, poi andare a fare la spesa poco più avanti in un negozio gestito da ebrei per i suoi prezzi vantaggiosi, si poteva aiutare un vicino minacciato dal regime e voltarsi dall’altra parte davanti alla scomparsa di un altro. Ci si destreggiava tra le scelte quotidiane man mano che si presentavano, improvvisando. Presi nel turbinio della vita, nell’arco dello stesso pomeriggio ci si poteva conformare, compiere un atto di resistenza e persino causare la sofferenza di qualcuno. La crudeltà del mondo nazista era inesorabile.
La vita di tutti i giorni ci mette di fronte a un numero infinito di decisioni e può essere fuorviante classificare le persone in modo troppo netto, anche chi sembra avere commesso delle azioni che, a uno sguardo superficiale, possono apparire inequivocabili. La vita sotto il nazismo presentava troppe sfumature, le condizioni erano in continuo divenire. (...)
Il percorso di ciascun individuo è unico, la risultante di un susseguirsi di scelte e abitudini da cui scaturivano vite improvvisate. Questo elemento di improvvisazione sta a significare che il Terzo Reich non era un regime inesorabile, statico e astratto, ma composto da individui che seguivano ognuno la propria strada prendendo decisioni che avevano conseguenze sulla vita degli altri.»
Spero di aver chiarito tutti i vostri dubbi. Nel caso mi trovate sempre da queste parti." ;-)
[Modificato da Francesco Chance Moriconi 22/05/2021 11:32]