amministratori di spa pubbliche - revoca del mandato - controversie - giurisdizione ordinaria

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
marco panaro
00lunedì 6 giugno 2005 11:25
Corte di Cassazione Sezioni unite 15/4/2005 n. 7799

La controversia riguardante la svalutazione di una società per azioni partecipata dall'ente locale e il diritto soggettivo al mantenimento del mandato di amministratore di tale società appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario.
marco panaro
00martedì 2 gennaio 2007 15:00
Tribunale Amministrativo Regionale Calabria Catanzaro sez.I 18/12/2006 n. 1984

Con l’art. 20, 6° comma, della l. r. 11 gennaio 2006, n. 1, recante norme di tipo ordinamentale e finanziario, si è previsto che «L’omissione, il ritardo senza giustificato motivo o l’elusione dell’esecuzione di atti o di attività doverosi, ovvero il compimento di gravi violazioni da parte di società partecipate dalla Regione costituisce giusta causa di revoca automatica, anche ai sensi degli articoli 2449 e 2450 del codice civile, nei confronti dei soggetti a qualunque titolo nominati dalla Regione negli organi della società­». Tale potere di revoca è stato espressamente attribuito alla Giunta regionale.

Con la deliberazione n. 4 del 16.01.2006, la Giunta regionale, richiamando espressamente la previsione dell’art. 20, 6° comma, della l. r. n. 1/2006, ha revocato per giusta causa i componenti del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale di Fincalabra di nomina regionale, addebitando a questi ultimi una pluralità di violazioni di obblighi inerenti la carica sociale ricoperta.

Con la successiva deliberazione dell’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale n. 4 del 24.01.2006, è stata decisa l’attivazione della procedura per la copertura dei posti di componente del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale rimasti vacanti in virtù della predetta revoca.

Tanto rilevato, osserva il Collegio che sul tema della scelta del giudice munito di giurisdizione a conoscere dell’impugnazione di un atto di revoca di un amministratore o sindaco, designato dall’ente revocante, di società per azioni a partecipazione pubblica si sono registrate, anche in tempi recenti, pronunce contrastanti.

Secondo un primo orientamento (cfr. C.d.S., sez. V, 11 febbraio 2003, n. 708; Id. 13 giugno 2003, n. 3346), recepito dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (Cass. S.U. 15 aprile 2005, n. 7799), la giurisdizione spetterebbe al giudice ordinario, in quanto il potere di nomina (e quello correlato di revoca) di amministratori e sindaci di società a partecipazione statale o di altri enti pubblici contemplato dagli artt. 2449 – 2450 c.c. (già artt. 2458 - 2459) è attribuito al soggetto pubblico nella sua veste di socio, risolvendosi nell’esercizio diretto di un potere altrimenti riservato all’assemblea.

Tale tesi prende le mosse proprio dalla lettera degli artt. 2449 – 2450 c.c., secondo cui, da un lato, lo statuto sociale può riservare allo Stato od all’ente pubblico titolare della partecipazione al capitale di una società per azioni il potere di nomina di amministratori o sindaci, i quali possono essere revocati soltanto dagli enti che li hanno nominati, dall’altro detto potere esclusivo di revoca si estende anche agli amministratori e sindaci nominati da un ente pubblico che non sia titolare di alcuna partecipazione sociale, in virtù di espressa previsione legislativa o statutaria. Le predette norme codicistiche, nel disciplinare uno speciale potere di nomina e revoca in capo al soggetto pubblico, pur derogando alle ordinarie competenze in materia dell’assemblea dei soci, non coglierebbero nel segno di mutare la natura del medesimo potere, privatistico se esercitato dall’assemblea, pubblicistico se esercitato dall’ente titolare della partecipazione al capitale sociale.

In altri termini, ove lo statuto di una società per azioni a partecipazione pubblica, in ossequio alla previsione dell’art. 2449 c.c., attribuisca al socio pubblico il potere di nomina di uno o più amministratori e sindaci, esso è «estrinsecazione non di un potere pubblico, ma essenzialmente di una potestà di diritto privato, in quanto espressiva di una potestà attinente ad una situazione giuridica societaria, restando esclusa qualsiasi sua valenza amministrativa» (Cass. S.U. n. 7799/2005).

A conforto della tesi predetta, si è inoltre osservato che, per espressa indicazione del Giudice delle leggi (cfr. C. Cost. 6 luglio 2004, n. 204), la mera partecipazione al giudizio di un’amministrazione pubblica, così come il generico coinvolgimento di un interesse pubblico nella controversia, sono insufficienti affinché si radichi la giurisdizione del giudice amministrativo. Ne consegue che, sebbene gli atti di nomina e revoca di amministratori e sindaci ai sensi dell’art. 2449 c.c., possano in concreto coinvolgere interessi di matrice pubblicistica, tale circostanza è ininfluente ai fini del riparto di giurisdizione.

In senso esattamente opposto, con specifico riferimento ad una controversia analoga a quella oggetto del presente gravame, si è pronunciata una parte della giurisprudenza amministrativa di prime cure (cfr. T.A.R. Sardegna, sez. II, 21 settembre 2005, n. 1920), secondo cui ove il potere di nomina e revoca sia attribuito all’ente pubblico direttamente da una previsione legislativa, ed il suo esercizio prescinda da una conforme previsione statutaria, esso è configurato esclusivamente in termini pubblicistici e soggiace alle regole proprie degli atti amministrativi.

Per detto indirizzo occorre distinguere il caso in cui il potere di nomina e revoca, astrattamente disciplinato dalla legge, presupponga il previo esercizio dell’autonomia statutaria, dal caso in cui tale potere trovi la sua esclusiva fonte nella legge statale o regionale, senza che la volontà assembleare possa incidere su di esso. Quest’ultimo caso non sarebbe al primo assimilabile, non trovando il potere genesi pattizia, né essendo essenziale per il suo esercizio che la previsione normativa sia doppiata da quella statutaria.

Pertanto, l’ente pubblico titolare del potere di nomina e revoca degli amministratori e sindaci quivi non agirebbe nella sua qualità di socio, ma nella veste di pubblica amministrazione, esercitando un potere di matrice pubblicistica, al quale non possono che correlarsi posizioni soggettive di interesse legittimo. Tale costruzione troverebbe un chiaro addentellato normativo nell’art. 2450 c.c., che consente l’attribuzione ex lege allo Stato o ad altri enti pubblici del potere di nomina di amministratori e sindaci «anche in mancanza di partecipazione azionaria».

La ricostruzione in termini pubblicistici del potere di nomina e revoca degli amministratori e sindaci attribuito direttamente da una norma di legge, sebbene suggestiva, non può essere accolta.

Essa, anzitutto, trova un argomento letterale contrario nello stesso art. 2450 c.c. che, nell’autorizzare un potere di nomina e revoca di amministratori e sindaci in capo al soggetto pubblico non titolare di alcuna partecipazione azionaria, pone sullo stesso piano la fonte legislativa e quella statutaria. Ne discende, con tutta evidenza, che non è intenzione del legislatore distinguere tra il potere attribuito direttamente dalla legge o dallo statuto, né per quanto concerne la natura del potere stesso, né sotto il profilo disciplinatorio.

Ma ciò che quivi massimamente rileva è che la predetta ricostruzione teorica trova un poco solido appiglio nell’affermato collegamento biunivoco tra potere pubblico e fonte legislativa, come se ad una previsione legislativa attributiva di un potere debba sempre corrispondere la natura pubblicistica di quest’ultimo. In realtà, l’attuale panorama legislativo dimostra l’esatto contrario, ovvero che molte norme legislative attribuiscono e disciplinano poteri di matrice privatistica, ai quali, ovviamente, non si estende il sindacato del giudice amministrativo (es. conferimento e revoca di incarichi dirigenziali: artt. 19 e 63, 1° comma, d. lgv. n. 165/2001). Ed invero, se in virtù del principio di legalità un potere di matrice pubblicistica non può non trovare fonte nella legge, detta fonte non sempre disciplina poteri di tal fatta.

Ne discende che nessuna differenziazione può essere nella specie rilevata tra poteri di nomina e revoca di amministratori e sindaci muovendo dalla mera natura della fonte del relativo potere, a seconda che essa sia o meno quella legislativa, giacché, da un lato, la fonte legislativa sussiste in ogni caso (artt. 2449 – 2450 c.c.), dall’altro tale fonte, anche se esclusiva e non doppiata da previsioni statutarie, e pur in assenza della qualità di socio in capo all’ente pubblico, disciplina un potere che è sostitutivo delle ordinarie competenze assembleari e che è destinato ad incidere su organi societari che operano in ogni caso secondo il diritto privato. Difatti, tali organi non svolgono né esercitano un pubblico servizio (cfr. Cass. S.U. n. 7799/2005), e le proprie competenze sono disciplinate dal codice civile (artt. 2380 ss.)
Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 06:44.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com