Le testimonianze.
La Chiesa cattolica ancora oggi si arroga il diritto di considerare eretici i pensieri di alcuni studiosi.
Alcuni studiosi non d'accordo con gli insegnamenti della Chiesa cattolica, hanno messo e continuano a mettere in dubbio alcune dottrine preparate a tavolino e studiate ad arte.
Da ciò, questi studiosi hanno promulgato che il dogma trinitario è un'eresia.
Che questa è un'eresia se ne sono accorti diversi e lo stanno palesando.
In un intervento dal titolo
‘Ma Gesù è Dio?’ postato sul forum della Chiesa Valdese di Trapani, il pastore Alessandro Esposito, nel rispondere ad un certo Enzo in merito alla divinità di Gesù Cristo, dice quanto segue:
Carissimo Enzo,
le domande che poni sono interessantissime. Con pieno diritto, chiedi: “Ma se Gesù è Dio, allora Dio è ebreo?”. Aggiungi poi: “Ma nei vangeli non sta scritto che Gesù (e quindi, mantenendo il presupposto che egli sia Dio, Dio stesso) ha fondato la chiesa”? Cercherò di fornire qualche spunto di riflessione a partire da questi due interrogativi, partendo dal secondo di essi, rispetto al quale abbiamo già discusso in più circostanze.
1.Dunque: nei vangeli sta scritto che Gesù ha fondato la chiesa? No, non sta scritto. È un dato assodato, ormai, quello secondo cui il cristianesimo delle origini prese a distinguersi soltanto progressivamente dall'ebraismo, del quale costituisce una interpretazione divergente rispetto a quella proposta dall'ortodossia giudaica contemporanea, legata al tempio di Gerusalemme ed al suo sacerdozio. Gesù riprende tradizioni ebraiche, in particolare quella profetica e, ancor più specificamente, la tradizione di Isaia, il profeta le cui parole compaiono più volte sulla sua bocca all'interno dei vangeli sinottici (Marco, Matteo e Luca). Gesù, potremmo dire, “non inventa nulla”: di certo, però, reinterpreta la tradizione in un modo originale e, per molti versi, “eversivo” (così come era eversivo per antonomasia l'annuncio profetico). Gesù, allo stesso modo dei profeti, annuncia la vicinanza di Dio ai diseredati e si oppone ai poteri costituiti (politici e religiosi, profondamente collusi). La sua condanna alla morte di croce (questo deve essere chiaro) è il frutto della sua polemica con l'establishment sacerdotale di Gerusalemme, NON CON IL POPOLO EBRAICO: anche soltanto per il semplice fatto che non soltanto Gesù, ma persino tutte le sue prime discepole e i suoi primi discepoli erano ebrei (sia pure ebrei di Galilea, quindi ebrei non legati al giudaismo sacerdotale del tempio diffuso a Gerusalemme e nella Giudea). Gesù è, come bene lo definisce il grande esegeta cattolico Meier, “un ebreo marginale”; dunque “eterodosso”, “non allineato”. Ma pur sempre, comunque, ebreo. La chiesa cristiana nacque più tardi: originariamente, con ogni probabilità, il MOVIMENTO (perché di questo si trattava, non di un'istituzione) cristiano delle origini si autointerpretò, potremmo dire, come una “riforma dell'ebraismo”. E qui sorge il problema: per il cristianesimo storico, intendo, non certo per Gesù, né per il movimento cristiano dei primi tre secoli.
2.Ed il problema, caro Enzo, è proprio quello che sollevi tu: “Ma Gesù è Dio”? Secondo la maggior parte delle chiese cristiane (inclusa quella valdese) sì. Vi sono, effettivamente, dei passi del Nuovo Testamento che possono far propendere per questa risposta. Il problema, però, è un altro. Vi sono infatti (e sono molti di più) altri passi neotestamentari attraverso i quali si comprende chiaramente che Gesù non è presentato né predicato come Dio. È un dato di fatto, non un'ipotesi di lavoro. Procediamo, allora, ad alcuni chiarimenti, che mi paiono quanto mai opportuni.
Le testimonianze del Secondo Testamento non sono affatto univoche circa la nostra domanda: e questo per un motivo assai semplice: i testi che vengono a comporre il canone neotestamentario sorgono in luoghi e periodi tra loro assai distinti e distanti. La teologia sottesa dal vangelo secondo Marco, non è la stessa che si può ricavare dalla lettura attenta del vangelo secondo Giovanni o dallo studio dell'epistolario paolino. In estrema sintesi, si può riscontrare che
NON VI E' ALCUNA TESTIMONIANZA RICONDUCIBILE AI SINOTTICI (Marco, Matteo, Luca) ATTRAVERSO CUI SI POSSA RICONOSCERE CHE GESU' E' DIO. TUTTE LE AFFERMAZIONI CHE AVALLANO TALE INTERPRETAZIONE SONO RISCONTRABILI ESCLUSIVAMENTE IN GIOVANNI E NELL'APOSTOLO PAOLO. Questo, lo ripeto, per il semplice fatto che non si può parlare di una “teologia” del Secondo Testamento ma, soltanto, di “teologie”, al plurale, le quali restituiscono riflessioni, sensibilità, percorsi comunitari tra loro diversi (non incompatibili: diversi).
La confessione dei primi cristiani dell'area palestinese (quella in cui Gesù visse e predicò) è quella secondo cui Gesù è “il messia” (christòs, traduzione greca dell'ebraico mashiah) mandato da Dio ad Israele (prima) e (attraverso Israele, poi) a tutti i popoli; e, in secondo luogo, quella che attesta che Gesù è il figlio di Dio
(e non, come divenne in seguito, il “Dio figlio”: sono due cose profondamente diverse). Nessuna identità (che del resto escluderebbe una relazione) tra Padre e figlio: del resto (e anche questo è un fatto, vangeli alla mano) GESU' NON PREDICO' MAI SE STESSO, bensì l'evangelo del Regno secondo la volontà del Padre (a cui ogni suo insegnamento rinvia).
La cosiddetta “confessione di fede trinitaria” non è biblica, ma ecclesiastica: la stabilirono i concili del cristianesimo tardo-antico, in particolare quello di Nicea (nel 325) e, in maniera (per così dire) definitiva il concilio di Calcedonia (nel 451). Come si può notare, siamo in date assai distanti dalla predicazione di Gesù e dalla nascita del movimento cristiano delle origini. Ma, ancora una volta, il problema è un altro: quello di ordine cronologico, infatti, è secondario rispetto a quello di natura POLITICA. Le decisioni assunte dai primi concili ecumenici, di fatto, godettero dell'appoggio dei poteri costituiti e rivestirono la chiara funzione di strumenti di controllo sociale. Ciò che venne deciso in ambito conciliare, pertanto, non si afferma a causa della sua verità (argomento sempre discutibile e tanto spesso abusato), ma a causa della sua convenienza: l'eresia, del resto, è sempre definita tale dalla posizione che storicamente si afferma e che si autoproclama, in tal modo, “ortodossa”.
Il cristianesimo storico ha una pessima abitudine: dimentica con eccessiva facilità il fatto che, in realtà, esso discende da un eretico e non da un ortodosso: anzi, l'ortodossia del tempo condannò Gesù. Ironia della sorte (amara ironia, in verità): il cristianesimo è divenuto, da movimento di perseguitati, istituzione di persecutori.
Il primo tradimento del cristianesimo (come annuncio evangelico) fu la chiesa come istituzione e le decisioni che essa assunse come “normative”.
Per questo, e concludo, la questione cosiddetta dell'antitrinitarismo risorge sempre in seno al cristianesimo, ed è destinata a non estinguersi mai del tutto. Le ragioni fondamentali di questo destino ineluttabile sono due: in primo luogo,
la tesi antitrinitaria ha un fondamento biblico; in secondo luogo l'ortodossia ha sempre cercato di estirpare tale tesi non mediante gli argomenti, ma con la violenza. La quale, si sa, si utilizza in mancanza di argomenti. Per questo la violenza non ha mai convinto nessuno, ma soltanto costretto molti: o alla ritrattazione, o alla persecuzione.
Pertanto, caro Enzo, credo che si possa essere cristiani anche senza essere trinitari: e questo prendendo a fondamento le Scritture. Attenzione: non dico che si debba esserlo, che chi è trinitario sia “in errore” (finirei per commettere la medesima violenza che denuncio). Intendo soltanto dire che
un cristianesimo non trinitario dovrebbe avere diritto di cittadinanza nelle chiese, perché attestato dalle Scritture: è difficile non ammettere, infatti, che molti dei cristiani del primo secolo (almeno) erano quasi sicuramente monoteisti e proclamavano la loro fede in Gesù “messia e figlio di Dio” (vangelo secondo Marco, capitolo 1, versetto 1).
Dio, pertanto, caro Enzo, non è “ebreo”: però, sì, è il Dio del popolo ebraico e (poi) anche Dio nostro. Siamo debitori della nostra fede e dei suoi fondamenti al popolo ebraico, in tutto e per tutto: e il Dio biblico, il Dio che confessiamo, è il Dio che si è rivelato ad Israele, accompagnandone le sofferte vicende di cui spesso anche noi chiese cristiane ci siamo rese responsabili.
Un saluto affettuoso
Il pastore della chiesa valdese di Trapani e Marsala
Alessandro Esposito