Equinozio d’inverno

anumamundi.
domenica 22 novembre 2009 02:17
Si è sfrattati dal sogno, al mattino appena svegli, quando gli occhi sono ancora due fessure; la bocca cuce sapori di parole irrancidite e frena i pensieri fino all’acqua sul viso che mi lava il sonno, ma non riesce a trattenere nessuno dei miei peccati. Un’altra notte è andata, un’altra parte della mia storia che mi riempie i polmoni di fumo, ogni respiro mi avvinghia alla fine ed ogni cosa che leggo mi uccide ancora un po’. E’ così che è cominciata, è così che il dio dei deboli decise per me. Il secondo anno mi iscrissero nelle iridi e qualche anno in là mi laureai con tesi sulla utopia cosmica.
Non c’era lode allora, ma solo strette di mano e “complimenti per la trasmissione”. Poi la legge della domanda e dell’offerta; a tesi non verificabile la gogna e, in casi estremi, impiccagione, ma sempre in nome della trasparenza.
Errare humanum est, perseverare diabolicum. Amo la quiete e con essa la tempesta perché senza l’una non esisterebbe l’altra. Sono un senza Dio perché dell’egoismo ho fatto merli per i miei castelli; lungi da me l’ossimoro, manterrò a distanza di sicurezza la catecresi, almeno fino a quando non scoprirò cosa vuol dire.
Ho gerle di fichi secchi ed una mela, se fosse stato l’Eden avrei saputo cosa fare: ipotizzare l’esistenza del destino, del caos primigenio o lavorare sui massimi sistemi per poi finire in un canale di scolo dopo aver creato l’illusione di qualche minuto di felicità.
Ci rivediamo, al prossimo equinozio d’inverno, porterò l’orologio stavolta, per non correre il rischio di invertire la notte ed il giorno.
Per il resto del tempo mi basterà solo un cambio ... ed una ventiquattrore.
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