Breve introduzione all'antimateria

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vanni-merlin
00venerdì 10 febbraio 2006 00:15
Breve introduzione all'antimateria


La scoperta della prima antiparticella (il positrone) avvenne alla fine degli anni Venti per merito di Dirac. Egli era intento a trovare una soddisfacente equazione relativistica dell’elettrone. Questa ricerca lo portò alla formulazione della meccanica quantistica relativistica, teoria che attualmente descrive con successo il comportamento di tutte le particelle note. Tale teoria prevedeva per ogni particella dotata di carica l'esistenza di un'altra particella dotata di massa identica e carica opposta: quella che oggi chiamiamo antiparticella. Da qui egli ipotizzò l'esistenza dell'antimateria: ma molti fisici restarono perplessi.
Nel 1932 Carl Anderson riuscì a fornire una evidenza concreta dell'esistenza dell'antimateria. La scoperta avvenne nel corso di un esperimento volto a studiare la natura dei Raggi Cosmici, il flusso di particelle provenienti dallo spazio che ogni istante colpisce il nostro pianeta. Fra tante tracce ordinarie, Anderson ne identificò una particolare, che corrispondeva al passaggio di una particella con massa uguale all'elettrone ma carica elettrica opposta, cioè positiva: era il primo segno tangibile dell'esistenza dell'antielettrone, che oggi chiamiamo positrone. Da allora le evidenze sperimentali dell'esistenza dell'antimateria si sono succedute a ritmo crescente ed attualmente la creazione di antiparticelle è un fenomeno di routine in numerosi laboratori.
Simmetria e modello standard
Tuttavia i fisici hanno dedotto, per via teorica, l’esistenza di questo tipo di materia, servendosi del concetto di simmetria, sul quale si basa la fisica delle particelle elementari.
Consideriamo un cubo: ha 6 facce uguali e, se lo si ruota, si può portare una faccia a prendere il posto di un’altra. Se del cubo noi possiamo vedere solo 5 facce e ne conosciamo la sua simmetria, possiamo dedurre che vi sia una sesta faccia.
La stessa cosa vale per le particelle. Noi ne conosciamo solo alcune e, dal modello standard (ovvero il sistema teorico che inquadra le particelle elementari), deduciamo che ce ne siano altre.

L'annichilazione
Per quanto ne sappiamo ora, a qualsiasi particella corrisponde la sua antiparticella; questo significa che ad un elettrone corrisponde un anti-elettrone, chiamato positrone avente la stessa massa ma carica opposta: è a tutti gli effetti un elettrone con carica positiva. Alla stessa maniera ad un protone corrisponde l’esatta sua antiparticella di carica negativa, detta semplicemente antiprotone.
Di cruciale importanza è il fatto che quando particelle ed antiparticelle entrano in contatto fra loro, tendono molto rapidamente ad annichilirsi , ovvero a fondersi l'una con l'altra, trasformando tutta l'energia in loro possesso in radiazione elettromagnetica: una forma di energia analoga alla luce e alle onde radio ma di intensità molto maggiore.
Ciò è un’altra prova del fatto che la massa (e dunque la materia) non è altro che una particolare forma di energia, come previsto dalla teoria di Einstein.
L'annichilazione fra particelle e antiparticelle è il motivo per cui, in un Universo come il nostro, dove vi è una dominio della materia, è molto difficile osservare l'antimateria. Tuttavia, sotto certe condizioni questo processo può essere invertito, cioè possono crearsi coppie di particelle ed antiparticelle a partire da radiazione elettromagnetica di sufficiente energia.

Dov’è finita l’antimateria?
Come abbiamo visto, un’antiparticella è identica alla corrispondente particella se non per un particolare: ha carica opposta. Questo particolare è sufficiente a far sì che, quando le due si toccano, smettano entrambe di esistere sotto forma materiale e si trasformino in energia.
Oggi non è ancora chiara la ragione per cui il nostro mondo sia composto solo di materia. In teoria potrebbero esistere antigalassie isolate: per noi sarebbero indistinguibili da quelle normali, purché non toccassero materia normale: in quel caso il processo di annichilazione genererebbe intensi lampi di luce. Tuttavia di questi lampi non v’è traccia, per cui, secondo l’ipotesi più accreditata, l’antimateria è scomparsa del tutto nei primissimi istanti di vita dell’Universo. Tutta la materia che ci circonda, dai nostri corpi fino ai più remoti pianeti, è formata da atomi, sistemi composti da particelle di carica negativa, gli elettroni , orbitanti attorno ad un nucleo centrale di carica elettrica positiva.

Ma è stato sempre così?
Questo quesito è all'origine di uno dei problemi più affascinanti della fisica moderna.
Le leggi matematiche con cui i fisici descrivono la struttura dell'atomo prevedono che, oltre alla materia ordinaria, esista anche un'altra forma di materia: la cosiddetta antimateria , formata da antiparticelle del tutto identiche a quelle che ci circondano salvo per il fatto di avere cariche opposte.
L'antimateria comprende ad esempio antielettroni, uguali agli elettroni ma dotati di carica elettrica positiva, antinuclei dotati di carica negativa, e così via. Queste antiparticelle sono prodotte quasi quotidianamente nei laboratori di alte energie. Eppure, nell'Universo che conosciamo non vi è traccia di antiatomi e, ancor meno, di una sorta di mondo alla rovescia, con pianeti e galassie fatti di antimateria. Da quasi 50 anni fisici e cosmologi sono impegnati a capire perché attualmente l'antimateria sia quasi totalmente assente.


Fabbrica di antiatomi
Usando gli antielettroni e gli antiprotoni si possono produrre atomi di antiidrogeno. Secondo il modello standard, gli antiatomi dovrebbero avere lo stesso colore degli atomi corrispondenti. Tuttavia, per quanto riguarda il peso, gli studi sono tuttora in corso. Non è detto infatti che la gravità agisca nello stesso modo per la materia e l’antimateria.
L’antimateria si può creare in laboratorio (CERN).
Dall'annichilazione fra protoni ed antiprotoni, si ottengono: neutrini, muoni e pioni, che sono i mattoni che tengono uniti gli atomi, che infine decadono ulteriormente in radiazioni Gamma. I primi, cioè i neutrini, non sono influenzati dai campi magnetici appunto perché sono neutri, sono quindi inutilizzabili per i nostri scopi. I muoni ed i pioni invece avendo una carica sono influenzati dai campi magnetici, possono quindi essere indirizzati con un opportuno campo magnetico nella direzione in cui desideriamo e con il solito principio di azione reazione spostarci nello spazio.
Uno degli utilizzi più interessanti - anche se, al momento, utopico - dell’antimateria può essere quello di usarla come carburante. Il processo di annichilazione, infatti, è l’unico che trasforma interamente la massa in energia.
In teoria, basterebbero 10 grammi di antimateria per raggiungere Marte in un mese con una navicella spaziale. Ciò è possibile perché l’annichilazione è:
10 miliardi di volte più efficiente della combustione

1000 volte più della fissione

300 volte più della fusione nucleare.
Attraverso il controllo di questo processo, se si riuscisse a costruire un motore di questo tipo, si è calcolato che si potrebbero costruire astronavi che nelle condizioni ideali potrebbero raggiungere velocità massime dell'ordine del 60% della velocità della luce: qualcosa come 180.000 km/s!
Tuttavia, al momento vi sono dei problemi di carattere pratico da risolvere per rendere verosimile questo utilizzo. Il primo problema è legato ai costi, dato che la spesa per produrre un solo milligrammo di antimateria si aggira intorno ai 100 miliardi di dollari. Il secondo riguarda la sua conservazione. Come contenitore attualmente si usano “trappole” elettromagnetiche capaci di accumulare fino a 10 mld di antiprotoni ma solo per una settimana.


Fonti:
Ugo Amaldi, “Le idee della fisica 3”, Zanichelli
Sito web dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare: www.infn.it/
“Le Scienze”


Alessandro Palmisano

lameladinewton.it/sciencenews/introantimateria.shtml

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